La pandemia ha condizionato la nostra intelligenza emotiva, che non può fare a meno del corpo: nostro e dell’altro. L’intero sistema comunicativo delle persone e quindi della società ne ha risentito. “Col corpo capisco” è il titolo di un libro di #DavidGrossman che “getta luce dove ci sono solo profondità intense, nelle fessure tra l’amore e il dolore. Rivela il montare furibondo di sofferenze, dolore e amore contro i fragili parapetti che tutti noi vanamente innalziamo” (cit. Luca Capriotti) Il medesimo "titolo" ho dato a uno degli strumenti (un vestito di pagine) inventato da Verena Stenke per la performance “1-9 MONOLOGO” che, sta preparando con Andrea Pagnes per Endecameron 21. Il duo è internazionalmente conosciuto come "VestAndPages". Verena mi ha concesso la facoltà di dare un nome ai loro strumenti accedendo all'idea che la percezione del fruitore s'inserisca proattivamente nel processo creativo.
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Coerentemente, ho cercato un approccio fisico con “lo strumento-vestito" che, secondo me, ha anche valore autonomo come opera: sfiorare, toccare le pagine tratte dal libro di Grossman ne trasferisce organoletticamente i significati. Come comunicatore DEVO tornare ad allenare la comunicazione a cinque sensi, uscendo dalle spire di quella digitale che di sensi ne utilizza due soli, vista e udito, per di più mediati da uno schermo e una tastiera.
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La tecnologia sicuramente ci ha consentito di contenere le limitazioni della pandemia, ma il pensiero che il rapporto con gli altri possa tornare a ridursi a due soli sensi, per non si sa quanto tempo ancora, ci angustia; per usare un termine antico ma che restituisce anche il senso di sofferenza fisica dell'angoscia.
La convivenza di questi giorni con un gruppo di artisti nel Castello di Rocca Sinibalda per la IV edizione di Endecameron apre spazio a queste e altre riflessioni: alla ricerca di risposte condivise. E il malessere individuale si stempera nella fibrillazione creativa della comunità.
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